Natale 2016, da Belo Horizonte – Brasile
Carissimi parenti e amici d’Italia,
il mio messaggio natalizio di quest’anno ha un tema obbligato: quello di aver visto proclamato Santo, il 16 ottobre scorso, Padre Lodovico Pavoni fondatore della Congregazione Pavoniana, alla quale appartengo fin dalla mia lontana gioventù. Si trata del raggiungimento di un traguardo importante, atteso e sospirato da tanto tempo. Mi permetto dunque di presentarvi brevemente la figura di questo santo, in verità poco conosciuto.
Lodovico Pavoni nacque a Brescia proprio negli anni imediatamente precedenti alla grande rivoluzione francese e la sua gioventù coincise col periodo storico delle conquiste di Napoleone. La sua famiglia era di origine nobile, padrona di una casa signorile in centro città e soprattutto di una grossa fattoria nella fertile pianura bresciana, in zona Alfianello. Come padroni di un considerevole latifondo, i Pavoni godevano di una prospettiva di vita agiata e privilegiata, non certo esposta a situazioni di povertà e di stenti, come era il caso della maggior parte delle misere famiglie di quell’epoca.
Fin da bambino, Lodovico dimostrava una spontanea religiosità unita a una squisita sensibilità verso i bambini poveri, suoi coetanei, che aiutava dando loro gli stessi vestiti suoi. Da ragazzo sentì, sempre più insistentemente, la voce del Signore che lo chiamava a distaccarsi dai beni materiali, per dedicare la vita ai bisognosi, assecondando l’invito di Gesù in Lc 14,33: “chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”. Scriverà più tardi che…”piacque al Signore chiamarmi dalla tranquillità della mia casa paterna ed invogliarmi alla volontaria oblazione di tutto me stesso a vantaggio di un pubblico così importante…”
Divenne sacerdote diocesano e segretario particolare di Mons. Nava, vescovo di Brescia. Accompagnando il vescovo nelle visite pastorali, ebbe modo di vedere coi suoi occhi gli stenti delle famiglie povere, nelle valli al nord di Brescia. Più ancora, constatò i penosi disagi in cui, nella stessa città, vivevano come randagi tanti bambini, adolescenti e giovani. Molti di loro erano orfani di entrambi i genitori: le mamme, morte per comuni malattie e i papà, prima reclutati per gli eserciti napoleonici e poi caduti in guerra.
Davanti a tale panoramica, il giovane prete si sentì spronato a fare qualcosa per la gioventù povera, “porzione – così la definisce – predileta dal Signore”. Con il consenso del vescovo diede inizio a un oratorio, ove accoglieva proprio i ragazzi più bisognosi e macilenti. Più tardi organizzò un istituto per interni, dove ogni ragazzo accolto “ritrovasse la famiglia che aveva perduto o trovasse quella che mai aveva avuto”. Dedicò tutta la vita all’educazione e formazione umana e cristiana di centinaia di giovani, i quali, raggiunta l’età di circa vent’anni, lasciavano l’istituto arricchiti da una sufficiente istruzione basica e soprattutto da un mestiere – oggi si direbbe una professione – che permetteva loro di affrontare la vita in modo autonomo, come cittadini onesti e rispettabili. L’istituto infatti, oltre a disporre di tutto ciò di cui abbisognava un internato, era altresì dotato di svariate officine nelle quali i ragazzi apprendisti erano guidati da educatori specializzati per ogni tipo di mestiere. Gli alunni erano popolarmente e simpaticamente conosciuti come “artigianelli” e anche il complesso educativo sarebbe stato segnalato, più tardi, come “Istituto Artigianelli Pavoniani”. Tra le diverse professioni che venivano insegnate, la più importante era la grafica, nella quale lo stesso Padre Pavoni si impegnò personalmente e che più tardi si sarebbe configurata e specializzata nella attuale Editrice Ancora.
Nell’ultimo decennio della sua vita, Padre Lodovico si prese a cuore anche l’educazione dei sordi (sordomuti), ai quali dedicò un’altra casa fuori città, con tenuta agricola.
Mi piace dire che Lodovico Pavoni è un santo facile da imitarsi, perché di straordinario non ha fatto altro che utilizzare i suoi beni e i talenti della sua personalità soltanto per fare del bene ai ragazzi poveri e in situazione di abbandono. Vedeva in loro la figura di Gesù, rispettandone la dignità e portandoli ad essere rispettati anche dagli altri. E voleva che i suoi religiosi dessero continuità, in altre parti dell’Italia e del mondo, ad opere simili a quelle fondate e guidate da lui. Oggi, a quasi due secoli di distanza, tocca a noi realizzare gli ideali da lui sognati, dedicandoci ai poveri in generale, ma specialmente ai ragazzi e giovani in situazioni di indigenza, abbandono o estremo bisogno.
Prossimi alle festività di fine anno, mi diletto a pensare come San Lodovico Pavoni soleva festeggiare il Natale. Di certo lo trascorreva coi suoi ragazzi, perché privi della loro famiglia naturale. Ogni anno ne aveva di nuovi, entrati a sostituire i più grandi, già usciti e dediti ormai al loro lavoro e al sostegno delle loro famiglie. Di sicuro, quei giorni natalizi erano festeggiati con frugalità, ma straripavano di valori religiosi e di intenso amore per i giovani ospiti dell’Istituto. Che abbia qualcosa da suggerire, Padre Pavoni, anche per le nostre attuali celebrazioni del Natale, così contagiate dalla mentalità consumista?
Vi auguro dunque, che il Natale di quest’anno sia meno egoista, più essenziale, più cristiano, più generoso e preoccupato per le svariate povertà che affliggono, ancor oggi, grandi porzioni dell’umanità.
In Cristo Gesù, Buon Natale e saluti cordiali a tutti.
P. Renzo Florio