SOGNARE IN AFRICA
Per un giovane che nasce in Africa, precisamente nell’emisfero australe nel nord del Mozambico, in una delle zone più povere del paese, dove è già un miracolo non morire di fame durante le cicliche carestie o le epidemie di colera, il futuro che si prospetta non apre a grandi slanci di fantasia.
Nella Diocesi di Nacala nella missione di Cavà dove la Diocesi di Verona ha assunto un impegno missionario da 3 anni, i giovani nascono, vivono, si sposano e muoiono con l’unica prospettiva di farsi una vita da “camponeses” abbastanza dignitosa da avere un minimo di sussistenza agricola, dei figli e magari una bicicletta.
Ma la gente d’Africa sa stupire e sa perseverare là dove noi, bianchi del primo mondo, avremmo solo aggettivi dispregiativi o critici. Qui nella zona rurale della missione esistono giovani
dell’etnia macua che hanno voglia di riscatto, di novità, di giocarsi il futuro. La famiglia, quella intesa in senso africano, quella grande, dove tutti, zii, cugini, fratelli sono coinvolti si mette in movimento. “Uno di noi, un nostro figlio ha voglia di procurar vida (cercare vita) – come dicono spesso qui – dobbiamo aiutarlo!”. La voglia di studio e di riscatto di un giovane muove tutto il clan e, chi con un sacco di farina, chi vendendo fagioli, chi inventandosi di vendere vecchi pneumatici per far scarpe si racimola il necessario per dar inizio a questa grande avventura che allo stesso tempo diventa un punto di riferimento futuro per tutto il clan. “Forse un domani sarà qualcuno… e tornerà utile anche a noi”.
Il neo studente parte dalla sua capanna e affronta tutte le difficoltà della scuola mozambicana. Chilometri da macinare tutti i giorni, spesso a pancia vuota, l’assenteismo sfrenato dei professori che all’ora dell’esame armati di faccia tosta e coscienza anestetizzata chiedono soldi o prodotti in cambio di promozione. A scuola non si studia, si fa presenza! Settimane, mesi, anni senza grandi progressi. Dopo i primi 7 anni della primaria ancora non si sa come decifrare una pagina di letteratura o di matematica. I primi della classe a mala pena riescono a scrivere il loro nome, ma ancora non sanno leggere alla lavagna quanto scrive il professore. Sembra che il sogno si spenga e sia calpestato da forze più grandi e incontrollabili. Ma la nostra gente qui è nata povera di ricchezze materiali ma ricca di speranza. Non si molla! Si continua e si porta avanti come piccole formichine uno sforzo che sembra disumano.
Per alcuni arriva la possibilità dello studentato della parrocchia per la scuola secondaria. Non è il paradiso, ma qui ci assomiglia abbastanza! Qualche possibilità in più per apprendere e fare un qualcosa d’importante nella vita. Tutto quello che può servire al domani viene sfruttato fino all’osso. Nello studentato ci sono 2 officine, di falegnameria e di fabbro. Nei tempi liberi dallo studio s’ impara a lavorare, a saldare il ferro, a montare una sedia, a costruire una porta… E poi ci sono i libri! Che fortuna trovare dei libri qui! A scuola tutto si fa oralmente o al massimo sul quaderno personale. Qui c’è una
piccola biblioteca con almeno i libri di testo. Quest’anno la provvidenza ci ha visitato in grande stile attraverso un’associazione lodigiana (Lavoratori Credenti) che ci ha regalato 13 computer portatili. Un sogno per tutti noi! A chi ha lasciato la sua capanna a decine e decine di chilometri di distanza immersa nella savana brillano gl’occhi di gioia. Le dita sfiorano la tastiera come se toccassero la creatura più fragile e preziosa del mondo. Durante la prima seduta del corso d’informatica si trattiene il respiro, non si parla, si ascolta e si apprende il più possibile. Potremmo rimanere seduti nella sala per decine di ore che il tempo sembra essersi fermato. Un computer! Semplice e stupida macchina, dice qualcuno, ma che può aiutare nello studio con una biblioteca multimediale o può aprire una porta sul mondo con internet. Quel sogno nato in quella casa di paglia anni fa prende forme inaspettate, si chiama provvidenza di Dio!
Saper usare un computer da queste parti può significare una carta d’accesso per una qualche nuova impresa che sta invadendo il paese per l’esplorazione mineraria. Per il lavoro è un momento in cui si può trovare ma serve un minimo di competenza.
Continuiamo a mantenere vivo questo sogno e ad alimentarlo con tutto quello che ci sarà possibile fare. Puntiamo ora sull’organizzare sempre meglio la sala informatica e insegnare ad usare un pc, ma non mancano anche le prospettive future. Anche un gruppo di professori ha chiesto la possibilità di avere un corso per loro…. E’ bello sentire che qui la speranza non muore mai!
Ringraziamo quanti hanno donato con grande generosità mettendosi al servizio della provvidenza di Dio e in particolare ringrazio Giovanna Fakes, missionaria laica, che offre un anno del suo tempo per aiutare questi giovani studenti a realizzare il sogno della vita.
E grazie a tutti voi che leggendoci avete assaporato un po’ di vita africana!
Don Silvano Daldosso, prete diocesano fidei donum.